Recupero Crediti Fatture insolute

Fatture insolute: come recuperare il credito?

A chi non è mai capitato di dover recuperare il credito sotteso ad una fattura non pagata dal cliente?

Cosa è opportuno fare nel caso il cui, nonostante i ripetuti solleciti bonari a lui indirizzati, il cliente non intenda versare il dovuto o semplicemente temporeggi?

Spesso l’unico rimedio consiste nell’intraprendere la via legale.

In prima battuta l’avvocato recupero crediti invierà al debitore una formale lettera di messa in mora, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno o a mezzo pec (se il debitore è una persona giuridica), con invito al pagamento del dovuto entro un congruo termine, preannunciando in difetto la via giudiziale.

Nell’ipotesi in cui la lettera non sortisse effetti, si procederà con un ricorso per decreto ingiuntivo fondato sulla fattura insoluta. A tal fine sarà necessario allegare, oltre alla fattura stessa, ogni altro documento che possa meglio documentare il rapporto contrattuale e la prestazione eseguita (ad es. contratto, bolla di accompagnamento firmata dal cliente, corrispondenza tra le parti etc.).

Si tenga conto infatti che la fattura potrebbe legittimamente essere contestata dal debitore, in quanto documento emesso unilateralmente dal creditore, che di per sé non costituisce piena prova del rapporto contrattuale, né tantomeno dell’esecuzione della prestazione indicata in fattura.

L’autorità giudiziaria emetterà il decreto ingiuntivo “inaudita altera parte”, ossia basandosi unicamente sulla documentazione allegata al ricorso, senza instaurare alcun contraddittorio tra le parti. Ciò consente un notevole risparmio in termini temporali. Infatti, la tempistica per l’emissione del decreto è assai celere (da pochi giorni a qualche mese), a seconda dell’autorità giudiziaria competente. 

Il decreto ingiuntivo così ottenuto, una volta notificato al debitore, potrà essere opposto da quest’ultimo nei quaranta giorni successivi alla ricezione dell’atto. In tal caso avrà inizio un vero e proprio contenzioso, in contraddittorio tra le parti, nel quale il debitore potrà contestare nel merito la pretesa creditoria.

Se non opposto nei termini, il decreto diventerà esecutivo, ossia definitivo e non più impugnabile.

Quando il debito risulta espressamente riconosciuto dal debitore, l’autorità giudiziaria può concedere da subito la cosiddetta “provvisoria esecutorietà”, che consente al creditore di agire in via esecutiva senza dilazione.   

Da ultimo, quand’anche l’ingiunzione di pagamento non sortisse effetti, seguirà la notifica di una formale intimazione ad adempiere (atto di precetto) nel termine di dieci giorni, decorsi i quali – in assenza del pagamento – avrà inizio la fase esecutiva finalizzata ad aggredire (forzatamente) i beni del debitore, mediante pignoramento di beni immobili, di beni mobili, di uno o più conti correnti a lui intestati, o finanche del suo stipendio/pensione.   

Decreto Ingiuntivo

Cos’è il Decreto Ingiuntivo o ingiunzione di Pagamento?

Il ricorso per decreto ingiuntivo è lo strumento più agile per ottenere in tempi rapidi un provvedimento giudiziale avente ad oggetto un ordine di pagamento o di consegna di quanto dovuto dal debitore, ossia un titolo da poter azionare ai danni del debitore insolvente.

Trattandosi di un procedimento sommario, fondato su base documentale, senza l’instaurazione del contradditorio con la controparte (in altre parole nessuna udienza), i tempi di emissione del decreto ingiuntivo sono assai celeri. 

Il soggetto che propone ricorso deve fornire al giudice prova scritta del credito vantato, allegando la documentazione a sua riprova (contratto, fattura, titolo di credito, busta paga etc.).  

Oltre alla forma scritta, il credito deve presentare i seguenti requisiti:

  • certezza: deve risultare chiaramente dai documenti posti alla base del ricorso;
  • liquidità: l’importo deve cioè poter essere quantificato;
  • esigibilità: il credito non deve essere sottoposto a condizioni o a termini, oppure deve essere soggetto ad un termine già scaduto che legittima il creditore ad esigerne il pagamento.

Una volta ottenuta l’ingiunzione e notificata al debitore, quest’ultimo potrà formulare contestazioni sull’esistenza del credito o sul quantum, proponendo opposizione nel termine perentorio di quaranta giorni dalla data di notifica, con l’avvio di un vero e proprio contenzioso.

In difetto di opposizione, il decreto diventerà definitivo e pertanto il creditore potrà agire in esecuzione per far valere le proprie ragioni.

In alcuni casi specifici, enunciati dall’art. 642 c.p.c., su richiesta del creditore, è data facoltà al Giudice di concedere la provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo già dal momento della sua emissione (senza il decorso dei quaranta giorni). Essenzialmente si tratta delle ipotesi in cui il credito è fondato su cambiale, assegno, certificato di liquidazione di borsa, su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, oppure su un documento sottoscritto direttamente dal debitore (es. riconoscimento di debito).

Il creditore in possesso di un decreto provvisoriamente esecutivo potrà avviare immediatamente la fase esecutiva, salva comunque la facoltà per il debitore di proporre opposizione per dimostrare che il credito non sussiste o per contestarne l’ammontare.

Invece, quando il decreto ingiuntivo non sia munito da subito della provvisoria esecutorietà, diventerà esecutivo con il decorso dei quaranta giorni dalla sua notifica; solo allora, persistendo l’inadempimento, il creditore potrà avviare la fase esecutiva.

Chiariamo brevemente cosa si intende per fase esecutiva.

Il debitore è per legge chiamato a rispondere del proprio debito con tutti i propri beni presenti e futuri. Pertanto, al fine di recuperare il credito sotteso al decreto ingiuntivo, il creditore è legittimato a pignorare i beni di cui il debitore dispone o i crediti da quest’ultimo vantati nei confronti di terzi, chiedendone la vendita o l’assegnazione. 

Per consulenze puoi fare riferimento a Federica Mura, Avvocato Recupero Crediti presso il Foro di Roma